Colgo il Natale per approfittare della gratuità che in questo momento ci caratterizza, per fermarci solo un minuto intorno a una riflessione. Perché relegare il dono e il dare in uno spazio delineato da periodi, occasioni e ricorrenze ? Così facendo, questo, rischia di diventare un bene materiale, acquistabile e utilizzabile in determinate occasioni, per farci ringraziare o, meglio per farci riconoscere e poi magari chiedere qualcosa in cambio. A Natale ci si ricorda della bontà e si fanno i regali, così , tanto per rimanere nel giusto. A volte però non riflettiamo a lungo sulla differenza tra il giusto, che è necessario, e il dare, quello vero, che è facoltativo perché va oltre. Il giusto è essenziale , il dare, quello vero è volontario, non è essenziale. Ci muoviamo tutti in questi giorni con frenesia; nervosi per il traffico, per il bancomat fuori uso, per il parcheggio introvabile. Vaghiamo accaldati e incerti dentro illuminatissimi centri commerciali e finalmente troviamo il gioco che il nostro bambino ci ha chiesto dopo essere stato “pressato” in ogni modo dalla pubblicità inserita nei programmi per i piccoli che sembra una perfetta “aggressione” che nessuno vieta, nessuno blocca. La sera del Natale poi si scambiano i doni. I bambini si concentrano sul loro gioco solitario con il nasino illuminato dallo schermo di un tablet e i parenti ci ringraziano del “pensiero”. E’ natale e noi abbiamo fatto ciò che è giusto e necessario. Ma nulla di volontario, nulla che vada “oltre” . La riflessione è questa: Il dono, quello vero, dovrebbe continuare ogni giorno, dovremmo mescolarlo in ogni nostra azione, trasformando gli incentivi in premi alla virtù, facendo donazioni su un conto postale o con un sms, questo non accade. Non confiniamo il dono e la carità nel mondo materiale e dei contratti, così diventa un alibi che si chiama filantropia, forse l’invenzione di un sistema non perfetto. Secondo voi, si può? Dimenticavo. Buon Natale.