Pensavo alle osservazioni del filosofo Jaspers a proposito della comunicazione medica.Da quando questa ha smesso di utilizzare la componente umanitaria fondata sulla comunicazione comprensiva per lasciare spazio alla oggettività dei dati clinici e ai supporti tecnici la malattia ha smesso di essere “senso” lasciando ampio campo alla “causa” che la origina. Ma per fare in modo che questo funzioni (sempre) bene, si deve dimostrare che la malattia è un effetto causato da una interazione di elementi esterni e che quindi può esser trattata e risolta solo scientificamente. Unica condizione per fare questo è che sia il Clinico che il Paziente debbono rimanere al di fuori della loro soggettività perché il loro intervento come “persone” non farebbe altro che intralciare il percorso oggettivo che è stato intrapreso per risolvere la causa. A questo punto se la riflessione si allarga sempre più, fino ad allontanarsi dal come si è originata la patologia dirigendosi sul perché, entriamo nel territorio del senso.E tutto cambia. Ma niente paura, c’è il mercato che mette a disposizione una miriade di pagine, articoli e corsi di comunicazione per affiancare il medico in questa complessa danza nell’interazione tra causa e senso con il paziente che, ignorando il tragitto scientifico proposto annuisce passivo alla spiegazione del piano di cura. L’effetto è quello di una comunicazione conforme, una presentazione identica che non identifica. La malattia diviene voce di un articolo con tanto di listino. La realtà però è un altra, è che ogni atto e ogni contatto Medico-Paziente sono un brano di vita, per entrambi. Gli elementi di senso sono spesso più delle cause e molti sintomi e decorsi hanno molto a che fare con la vita. Risolvere con percorsi comunicativi precostituiti da costrutti didattici ritenuti validi perché tecnicamente dimostrati non soddisfa del tutto. Mi piace a questo punto concludere a favore della relazione che, a differenza della comunicazione non si avvicina al paziente con un sapere scientifico e oggettivo ma con un atteggiamento che potremo definire filosofico che consapevole dei limiti si articola nel tentativo di conquistare e farsi conquistare , per confondere il suo sapere con la vita dell’altro. Così si crea una connessione così forte da partecipare alla guarigione.