LA SEDUTA NARRATIVA
Si parla sempre del rapporto medico paziente come momento importante della terapia e sempre di più si inserisce nelle premesse importanti di ogni presentazione dello Studio. Empatia e Comunicazione sono i termini che, diventati oramai di moda, si utilizzano per descrivere le qualità che ogni Struttura Clinica dovrebbe avere. Io però, preferisco sostituire il primo con Relazione e il secondo con Sintonia. Comunicare bene è facile. Si studiano le metodologie, si strutturano i processi, ci si aggiorna sulle tecniche più nuove e che funzionano meglio, ci si affida a magici algoritmi e robottini intelligentissimi che mentre vagano nell’etere torturano parole chiave e cliccate frequenti: Sto comunicando. Per l’Empatia la cosa è differente, Ne parleremo sicuramente. E’ certo però che questa prevede che io mi metta nei panni dell’altro per comprenderne lo stato d’animo al punto di modellarmi con lui e condividerne le esperienze, di qualsiasi tipo. Se non ho capito male questo significa che debba provare le stesse cose, a prescindere? Un esercizio non solo difficile ma, a mio parere, di evidente efficienza ma dubbia efficacia. Insomma: se io non provo quello stato d’animo come faccio a “forzarlo”? Perché di questo si tratta, di una sorta di compiacimento ricalcato perfettamente sulle emozioni dell’altro. Avrei difficoltà. Sintonizzarmi mi viene meglio, forse perché ha a che vedere con la musica che è la mia passione o perché mi fa pensare tutte quelle cose magiche che riusciamo a fare quando si sta bene con una persona perché non solo non parlo ma non vedo l’ora che lo faccia l’altro per ascoltarlo, per capire e riflettere e magari fare domande fino a condurlo alle sue risposte, quelle che ti cambiano, quelle che contano. Ho pensato alla prima seduta come una sorta di introduzione teorica al paziente nella quale prima dell’intervento il Clinico ne spiega l’importanza attraverso un processo relazionale ben delineato. Sintonizzarsi prima, creare quello strato di fiducia necessario per coinvolgere il paziente nel percorso che dovrà affrontare. Questo lo scopo primario della seduta narrativa. Ma ce ne sono tanti altri, forse più interessanti. La Relazione va costruita con pazienza e passione. Bisogna concentrarsi solo su questa senza doverla inserire in un contesto solo clinico che è sicuramente più importante, ma proprio perché dominante rispetto alla narrazione, ne ridurrebbe sicuramente il valore . Allora un incontro dedicato, niente strumenti, cannule e mantelline. Solo parlare. Come strutturare una seduta Narrativa? Ho studiato varie procedure insieme a dei professionisti e nonostante questo, si deve ammettere che non è possibile creare un processo standard per la ovvia ragione che il paziente nonostante la medicina tenda a al riduzionismo tecnico, non può prescindere dall’altro. L’inevitabile incontro tra due persone genera una situazione di coinvolgimento reciproco ed è solo attraverso la relazione (non la comunicazione) che il legame diventa fiducia profonda. Dicevamo quindi che ogni paziente vede la sua “malattia” attraverso filtri del suo vissuto, delle sue conoscenze dei familiari che lo ascoltano, del pathos che si genera nella situazione e il clinico non può ignorare tutto questo. Deve “esplorare” il suo mondo e deve farlo attraverso una serie di competenze che nulla hanno a che vedere con la patologia descritta nei libri ma che acquisisce attraverso due linee: lo studio di tecniche specifiche e la passione per l’altro. Questa è la relazione che si articola appunto attraverso la narrazione che è la capacità di costruire una storia per ogni paziente che si incontra. La mia convinzione è che la azione di cura inizia proprio da qui. Dalla capacità di narrare storie. La seduta narrativa in molti casi è il primo appuntamento ma ne possono seguire altre durante il percorso e anche poi. Il paziente è il protagonista della scena, il clinico si limita a fare domande e ad ascoltare con attenzione le risposte, solo così comprenderà il carattere la visione del mondo e della malattia e sulle risposte ci si modella, e insieme si costruisce la storia. La loro storia.
Mentre scrivo ascolto “Going Home” Jon Allen