Ripensare la prima visita
Sono molte le riflessioni sull’importanza della prima visita non solo dal punto di vista diagnostico ma anche da quello relazionale. I dati però non corrispondono a questa premessa infatti, nonostante l’antico sapere di Ippocrate che considera insieme al tocco e al rimedio anche la parola e nonostante le disposizioni in materia di Consenso informato che indicano “Il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura” (art.1, comma 8 L.22 dic 2017 n.219), da quando la medicina ha iniziato a disporre di tecniche efficaci, stando alle ultime rilevazioni sull’argomento, la relazione sembra essere notevolmente peggiorata. Da un lato il medico offre indagini diagnostiche raffinate e terapie efficaci, dall’altro sembra non mostrare grande attenzione all’ascolto nonostante sia convinto di “ capire” perfettamente l’altro (è noto che il clinico interrompe dopo pochi secondi, dai dieci ai venti, il paziente durante la sua narrazione) e questo a discapito dell’efficacia del risultato. Anche se la tendenza è favorevole sono convinto che ci sia del lavoro da fare: la relazione è un elemento fondamentale per la compliance con il paziente ma questa deve recuperare il ruolo centrale nel processo di cura e deve offrire un supporto concreto allo straordinario avanzare della scienza e della tecnologia nell’ambito della salute ed entrare a pieno titolo tra le skills del medici e del personale ausiliario. Tra le criticità più frequenti si riscontra la poca chiarezza nelle spiegazioni spesso con frequenti tecnicismi che generano una fastidiosa gergoafasia ossia un linguaggio compreso solamente dagli addetti ai lavori e la scarsa partecipazione emotiva con il paziente. La poca disponibilità di tempo è un altro degli elementi che influenzano negativamente la relazione. Interrompere il paziente, non lasciare tutto il tempo necessario per raccontare sia i sintomi che il contesto generale in cui si manifestano rischia di generare una impressione non positiva dell’esperienza. La prima visita rappresenta il momento più importante per entrambi soggetti. Il medico dispone di una occasione straordinaria per poter gestire il suo iter per raggiungere l’obiettivo principale dell’incontro: stabilire un rapporto di fiducia con il paziente e attivare il meccanismo importantissimo per indurre l’effetto placebo mediante la relazione che, con l’utilizzo di parole ed atteggiamenti adeguati permette sia di aumentare la sintonia (primo step per il raggiungimento della fiducia) che di impattare direttamente sulla cura. La prima visita deve essere gestita come un vero e proprio episodio differenziato. Lo Studio deve predisporre la sua intera organizzazione in maniera tale da dedicare un giorno alla settimana solamente alle prime visite. Come fare? Dopo un periodo di formazione su argomenti come Relazione, beni relazionali, importanza della prima impressione, medicina narrativa clima e metodi organizzativi, si passa alla predisposizione del percorso del nuovo paziente che deve concentrarsi su accoglienza, compilazione e spiegazione accurata della scheda anamnestica, radiografie e fotografie, predisposizione e accoglienza nella sala operativa (riunito), colloquio con il paziente (prima e dopo la visita), attivazione della cartella clinica e annotazioni narrative gestione del follow up (segreteria).
La durata della prima visita deve tenere conto dello spazio da dedicare alla narrazione del paziente così da attivare il processo comunicativo/relazionale. Tramite il feedback, il messaggio di retroazione, il clinico può modificare il suo comportamento per meglio adeguarlo alle necessità della situazione
Per migliorare la relazione e portarla ad giusto livello di qualità e sicurezza è sicuramente necessario un cambio culturale che deve trovare un convinto sostegno non solo del Titolare/i dello Studio ma soprattutto dell’intero Staff (clinici, assistenti, segreteria), attraverso un progetto di comunicazione strutturata e di supporti formativi e tecnologici adeguati. Sono trascorsi oltre due millenni e la parola è più vicina al «tocco» e al «rimedio», così vicina che si è trasformata a pieno titolo in uno strumento di cura che il medico può (e deve) utilizzare sempre al meglio.
Paolo Barelli (mentre scrivo ascolto “La maison verte” – Jacob Gurevitsch